Un anno fa ho raggiunto a nuoto il punto più a sud della Puglia, l’estremità del tacco dello stivale: punta Ristola.

Nel ridiscendere un’onda mi ha sbattuto contro le rocce ma nonostante il dolore che provavo alla schiena e alle gambe ho continuato, con i miei compagni, l’escursione fino ad arrivare ad una specie di atollo tropicale. Con la maschera appannata per l’emozione (forse un po’ anche per il dolore) scoprivo un luogo magico fatto di giochi di luce, colori di acqua e fondali diversi, pesciolini multicolori che vivevano beati senza spaventarsi al nostro passaggio… E’ stato un momento fantastico e ho pensato che se il paradiso esiste il mio paradiso è proprio così come questo luogo silenzioso, luminoso e vivace da apparire chiassoso.

Qualche giorno fa ci sono tornata con la certezza che non sarebbe stato più lo stesso, che non avrei provato le medesime emozioni e non le avrei cercate. Non perché io sia cambiata, non perché le cose già viste e vissute siano inevitabilmente meno attraenti, la luce del pomeriggio avrebbe illuminato le cose in modo diverso e le avrebbe rese meno brillanti perché alcuni scogli alti ombreggiavano l’atollo.

A volte valuto le cose semplicemente dalla luce con cui le vedo e le vivo.

Una luce interessante crea un paradiso e rende particolari un momento o un soggetto anche apparentemente banali.

Per molti invece è lo stato d’animo con cui vivono l’attimo a determinarne il ricordo più o meno piacevole.

 

E così oggi, dopo una levataccia per assaporare l’ alba, ho fatto una passeggiata.