Per anni ho tenuto un diario, un Moleskine, dove ho annotato idee, pensieri, disegni, problemi/sfoghi, ricordi… ho anche strappato alcune pagine e annerito o colorato altre. Ne ho riempiti molti di questi quadernetti neri, lo scrivere aveva preso un po’ il posto del fotografare. Non giravo più con la macchina fotografica, non mi separavo mai dal mio quaderno.

Poi, per un lungo periodo non ho più scritto, non ci riuscivo, ma il quaderno mi seguiva comunque, in tasca, in una borsa, in auto.

Per un mio compleanno Barbara mi ha regalato un tacquino diverso, con una bella copertina arancione e un fiore per l’apertura: “Per scrivere la tua vita, o la tua nuova vita…” e così oltre al Moleskine mi portavo appresso anche questo diario più colorato dove un giorno avrei iniziato a scrivere la mia “nuova vita”.

Che cosa determina dentro di noi il “cambiamento”?

Che cosa fa scattare l’impulso, la tensione verso una trasformazione?

Cambiamento non è sinonimo di miglioramento, il cambiamento non è immediato, non è conseguente a qualche seduta di analisi o psicoterapia o alle gestione di schemi e tempi diversi della nostra vita.

Il cambiamento non è repentino e non è “per sempre”.

Si cambia per amore o per averlo perso?

Colui (o colei) che crede di essere cambiato molto, di essere completamente un’altra persona, chi lo ripete, o se lo ripete, troppo spesso, continua ad accarezzare un’idea di sè ancora troppo lontana… un desiderio, una volontà… E il cambiamento è un’illusione, una vanità.